Ambiente società governance

ESG – Ambiente, società e governance

Ambiente, società e governance

Giorni fa parlavo con un cliente di sostenibilità negli investimenti: non è stato facile e lo scetticismo è rimasto. Non si tratta di una moda ma di una componente significativa e crescente nel panorama della finanza.

Esiste un mondo in forte crescita e che, sempre di più, si occupa del bene comune.

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha predisposto l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, lo scorso 25 settembre. Questo è un modello di sviluppo in grado di tenere insieme crescita economica, diritti sociali e tutela dell’ambiente. L’acronimo ESG è composto da tre parole (Enviromental, social and governance) che a loro volta racchiudono tre distinti universi di sensibilità sociale. Il primo è quello dell’ambiente, che comprende rischi quali i cambiamenti climatici, le emissioni di CO2 (biossido di carbonio), l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, gli sprechi e la deforestazione. Il secondo include le politiche di genere, i diritti umani, gli standard lavorativi e i rapporti con la comunità civile. Il terzo universo è relativo alle pratiche di governo societarie, comprese le politiche di retribuzione dei manager,  la composizione del consiglio di amministrazione, le procedure di controllo, i comportamenti dei vertici e dell’azienda in termini di rispetto delle leggi e della deontologia.

Read More »

Liquid Alternative – a pranzo con Davide Marchesin

“Gli investitori sono costretti ad esplorare territori sconosciuti tra rendimenti obbligazionari nulli e prospettive azionarie incerte. I vecchi schemi si rivelano ormai inadeguati e cresce il bisogno di individuare nuovi fonti di investimento e di controllo del rischio”.

Davide Marchesin, CFA, Fund Manager, 16 anni di esperienza negli investimenti, gestisce un fondo azionario long/short (Gam Star Financials Alpha), focalizzato su titoli finanziari, UCITS con liquidità giornaliera; ha la possibilità di posizionarsi dalla neutralità di mercato ad un beta pari a 0.5 beneficiando anche dei rimbalzi di mercato. Genera alpha individuando azioni che possano sorprendere positivamente o negativamente sugli utili.

La filosofia di investimento: “compriamo un titolo se riteniamo che possa superare le aspettative degli analisti, vendiamo un titolo se riteniamo che possa disattendere le attese degli analisti”.

La nostra strategia d’investimento, afferma Davide, è basata sull’evoluzione degli utili societari. E’ una strategia “earnings momentum”; tende ad essere correlata con la strategia “price momentum”. Quando la strategia “price momentum” ha una correzione, a causa di una rotazione di mercato (geografica e/o settoriale), anche la nostra strategia d’investimento tende a soffrire.

Abbiamo la possibilità di controllare l’evoluzione della strategia price momentum attraverso lo stesso indice Morgan Stanley US (price momentum).

Nel 2016 si ha avuto la peggiore performance degli ultimi anni. L’indice perde il 26% rispetto al picco raggiunto nel gennaio 2016. Nella prima parte di quest’anno abbiamo avuto una profonda rotazione di mercato. I titoli Europei che nel 2015 si sono apprezzati, hanno corretto molto. Al contrario, invece, per quelli dei mercati emergenti.

Quest’anno si è avuta una forte divergenza fra l’evoluzione degli utili e la performance dei titoli in borsa; questa divergenza non è sostenibile.

Il prezzo in borsa dovrà convergere verso gli utili.

Grazie Davide per la disponibilità e la chiarezza espositiva.

L’estate che verrà …

L’estate appena trascorsa è stata impegnativa. Viaggi veloci a Stoccolma per la laurea del figlio, alcuni meritati giorni di riposo in montagna ma poi, quasi sempre al lavoro ed in città per stare vicino ai genitori anziani. In questi giorni festeggiano 65 anni di matrimonio.

Come non mai sono stato contattato da diverse persone; sono molto preoccupate delle nuove norme sul bail-in. Non a torto, sicuramente, ma, forse un pò in ritardo. Ho riscontrato che, finalmente, il risparmiatore incomincia ad aprirsi a 360 gradi e mostra lo scrigno dei propri dossier titoli, molto spesso disastrati (nel vero senso della parola).

Mercati volatili, scelte di investimento sbagliate, timing errati possono capitare a tutti, anche ai più esperti.

Ecco l’obiettivo dovrà essere quello di sbagliare il meno possibile; i rendimenti bassi, o meglio sottozero, non permettono di fare scelte inopportune.

Le storie che si leggono di investimenti sbagliati e folli perdite non sono più ammesse. Non possiamo leggere: “La liquidazione ottenuta dopo una vita da operaio, andata quasi tutta in fumo a causa di un investimento sbagliato”.

Ho spesso ascoltato il Prof. Paolo Legrenzi – “Perchè gestiamo male i nostri risparmi” e “I soldi in testa” ad esempio – ribadisce l’importanza di un consulente nella gestione dei propri risparmi.

“Quando si tratta di risparmi e di investimenti la paura da sentimento amico si trasforma in insidia, quando è vittima delle emozioni l’investitore è il peggior nemico di se stesso.
Gli psicologi sperimentali hanno dimostrato come nelle fasi di grandi guadagni delle borse corrispondano stati d’animo di euforia e ottimismo. Per contro, nelle fasi ribassiste gli investitori sono preda della paura e del panico. La conseguenza è che nell’eccesso di ottimismo gli investitori aumentano la componente di asset rischiosi mentre la paura induce ad eliminare le ragioni della paura stessa … vendendo gli asset rischiosi!
Il risultato è la catastrofe del portafoglio: l’investitore entra sui mercati quando la borsa è prossima ai massimi e tende a sbarazzarsi dei propri investimenti quando i mercati approssimano i minimi…”.

“La letteratura scientifica dimostra che i portafogli affidati ad un consulente ottengono mediamente risultati migliori dei portafogli autogestiti. Non è difficile a comprenderne il motivo. Il consulente conosce i mercati ma soprattutto sa come gestire le emozioni degli investitori. Il suo distacco emotivo gli permette di prendere decisioni più ponderate sia nelle fasi in cui l’euforia ha normalmente il sopravvento, sia quando l’investitore comune, preso dallo sconforto, rischia di sprecare le migliori condizioni di acquisto”.

Le piante Robot

Barbara Mazzolai
foto Biasini

Siamo a Padova in una bella giornata di fine estate. Un Tour che si ripete due volte all’anno, con Pictet, società di origine svizzera, con una grande tradizione sul wealth management, dal 1805.

Il gruppo era accompaganato da Barbara Mazzolai.  Tutti, me compreso, ci potremmo domandare chi è questa Signora.

E’ uno dei nomi più prestigiosi e geniali della nostra bella Italia. Barbara è una ricercatrice e vanta numerosi successi nella realizzazione dei plantoidi-robot che riproducono il sistema di propagazione delle radici vegetali per studiare con più facilità il sottosuolo. Una eccellenza nel settore delle microtecnologie e la robotica applicabili all’ambiente e all’agroalimentare. Appartiene alla lista delle 25 Women in robotics you need to know about.

La prossima frontiera: la  robotica.  E’ uno dei megatrend che Pictet ha scelto e presenta nel suo panorama di investimenti. Un mondo in forte espansione ed in continua evoluzione.

Grazie e complimenti Barbara.

 

A colazione con il gestore.

Sono lontani i tempi di ex bancario; orari inflessibili, ufficio e casa. La monotonia della routine.
In questo lavoro, invece, ci deve essere passione.

Massimo Trabattoni

Gli orari non sono inflessibili e serve tanta informazione. Qualche volta piacevolmente attorno ad un tavolo, con il gestore, come tra amici.

Mi ricordo quando in aula dicevo che “sapere è potere”; in questo lavoro non si è mai finito di imparare e di conoscere. Strategie, allocazioni, metodi usati saranno poi ribaltati sul cliente finale: l’investitore.

Non mi risulta che oggi il risparmiatore sia evoluto e attento; anzi, le indagini dimostrano il contrario.

Il professionista serve a conquistare quella fiducia che è stata persa. Lo scorso 27 Settembre a Padova, attorno ad un piacevole tavolo di colleghi, Massimo Trabattoni, gestore, in Kairos da luglio 2008, con oltre 15 anni di esperienza come gestore, ha risposto alle nostre domande. I prodotti da lui gestiti compaiono sovente ai primi posti dei rating di settore. “Siamo uomini di sala”, esordisce Massimo, accompagnato per l’occasione da Rocco Bove. Si parla di economia, di mercati, di calcio, della squadra del cuore, di figli, di aneddoti, ma anche dei tecnicismi che oggi un gestore utilizza per mantenere più stabile il portafoglio e controllare le perdite. Dubbi e opportunità di un mercato svincolato dai manuali di economia. Una mezz’ora dove traspare la passione per questo lavoro.

Passione che intendo trasmettere ai miei clienti risparmiatori.

Grazie Massimo.

Ripresa lavori

E’ passato un pò di tempo di inattività sul blog. Ma il tutto è dovuto ad alcuni cambiamenti tecnici.
Ora si riprende. I prossimi giorni saranno ricchi di incontri professionali e porterò su questo blog le mie impressioni e i miei consigli.
A presto.

Che cosa c’è nel dossier titoli?

Il nome obbligazione è risaputo, relativo ad un investimento a basso rischio. Ma è sempre così?

19Se andiamo a vedere la storia degli ultimi anni, le più grosse delusioni sono avvenute sul comparto obbligazionario.

Le recenti vicende bancarie hanno maturato molta sfiducia verso il sistema, fatto ne sia, che già tre conoscenti mi hanno contattato, e sul loro dossier era presente una specifica obbligazione subordinata.

Ma andiamo indietro negli anni; siamo nell’aprile del 2008 e viene collocato il primo “Upper tier II” al pubblico per un controvalore di oltre 2 miliardi.

Il Sole 24 Ore allora intitolava un articolo: “Quelli che offrono di più. Però attenzione ai rischi”.

Read More »

Che cosa sono i Cdo?

800px-CDO_-_FCIC_and_IMF_Diagram
Che cosa sono i Cdo?

Cdo è l’acronimo di Collateralirazed Bond Obbligation.

Nella fattispecie è una obbligazione, quindi un credito che il sottoscrittore vanta nei confronti del debitore.

I Cdo sono passati all’onore (si fa per dire) della cronaca con l’esplodere della crisi dei mutui nell’agosto del 2007. Tipicamente l’emissione di Cdo parte da una ‘società veicolo’ cui vengono conferite una serie di attività finanziarie: mutui a persone fisiche, prestiti immobiliari per uffici o fabbriche o centri commerciali, obbligazioni societarie ad alto rendimento, e altro. Sulla base di queste attività vengono emessi titoli con varie combinazioni di rischio e di rendimento: si raggruppano, per esempio, le attività più sicure e vengono emessi titoli AAA, e poi scendendo per i rami del rischio si confezionano altri titoli sintetici: naturalmente, a più alto rischio corrisponde un più alto rendimento.
Questi titoli possono essere molto complessi nelle loro condizioni di remunerazione e di rimborso, e non sempre l’informativa per gli investitori è stata all’altezza di questa complessità.
Anche se il mercato dei Cdo è ormai di una certa consistenza (a fine 2007 raggiungeva i 2500 miliardi di dollari), la novità e la scarsa liquidità hanno condotto a paralisi delle negoziazioni e a incertezze nella valutazione una volta che alcune delle componenti di questi titoli (per esempio, i prestiti subprime) hanno rivelato alte probabilità di non-restituzione.

 

Concludiamo con una domanda: perché ricercare rendimenti in strumenti complessi e rischiosi a fronte di sudati risparmi?

Posso aiutarti?

Il risparmiatore ha perennemente ricercato rendimento tra le obbligazioni, con alterne soddisfazioni e, purtroppo, con parecchi default. Oggi, con molto terrore cerca la sicurezza.

Cos’è cambiato?

 Le vicende bancarie che leggiamo, e, in molti casi subito, hanno acceso una lampadina. Allora si parla di robo-adviser, di Fintech, di Finanza 2.0 ma il risparmiatore non è all’altezza di questa evoluzione. Quanta consapevolezza c’è nell’investire? Quanto è capace (risparmiatore) di discernere tra un investimento e l’altro?
Mi capita spesso di sentire: “non ho tempo”, “oggi devo andare in palestra”, “non posso perché sto giocando a golf”. Oppure: “Io non voglio rischiare” e gli investimenti sono, ad esempio, in titoli subordinati o azionari.

Caro risparmiatore il mondo è cambiato; non è più il tempo di guardare con lo specchietto retrovisore.

I tuoi risparmi sono più che importanti e oggi, per me, molto di più. L’epoca dei tassi a due cifre non esiste più e ogni giorno che passa è un giorno di mancati guadagni. Non è più il tempo della “pacca sulle spalle” e dei “non preoccuparti”. Ciò detto, il risparmio rimane poco diversificato e focalizzato quasi esclusivamente su soluzioni obbligazionarie e spesso anche poco liquide. Ben il 54% della ricchezza finanziaria è detenuta sotto forma di depositi (Fonte: Occasional Paper Banca d’Italia n. 148).  Ma quel 54% di risparmio, in depositi bancari, non usufruisce della crescita dei mercati; inoltre, il rendimento non copre nemmeno l’inflazione. Il consulente non dovrà valutare solo i mercati e i rendimenti ma ottimizzare tutti gli aspetti fiscali di un investimento.
Oggi non si può più sbagliare, ma nessuno è perfetto, quindi sarà opportuno sbagliare di meno; la pianificazione diventa strumento essenziale; ma per far ciò serve educazione finanziaria. La continua ricerca di rendimento non è sempre stata la soluzione migliore; manca ancora la ricerca di consulenza.

E’ solo questione di fiducia e di … Consulenza

Dalla bolla internet, allo scandolo Madoff, alle recenti vicende delle Banche Venete, i risparmiatori recriminano le promesse non mantenute.
I maggiori default, che hanno colpito i portafogli, sono avvenuti nel comparto obbligazionario. Quel comparto da molti conosciuto come “redditizio” e poco rischioso. Ma dal “Bot people” ad oggi l’evoluzione è stata notevole.
Oggi si parla di obbligazioni subordinate, cartolarizzate ed high yield; spesso senza conoscerne esattamente il contenuto e le modalità. Senza conoscere, peraltro, che cos’è il Bail-In (normativa europea in vigore da gennaio 2016 – vedi articoli esplicativi sullo stesso blog).

La crisi finanziaria e le condizioni congiunturali negative hanno spinto le famiglie italiane a sostituire i prodotti finanziari più rischiosi (azioni, obbligazioni, risparmio gestito e polizze finanziarie) con strumenti più liquidi e “sicuri”.
Gli investitori italiani (Elaborazioni su dati Gfk Eurisko) detengono portafogli poco diversificati e in forma di risparmio amministrato. I dati di sondaggio indicano infatti che le obbligazioni bancarie (incluse quelle di emittenti esteri) e le polizze finanziarie sono gli strumenti più diffusi dopo i depositi e i titoli di Stato italiani.
La ridotta diversificazione di portafoglio sembra anche correlata con la scarsa diffusione dei servizi di consulenza ad alto valore aggiunto: i dati relativi a un campione rappresentativo di famiglie italiane forniscono evidenza in tal senso e mostrano che i portafogli più diversificati e meno concentrati su depositi e titoli di Stato appartengono alle famiglie assistite da consulenti.
Tale fenomeno discende dalle caratteristiche dell’industria dell’intermediazione mobiliare italiana, e da un lato strutturalmente orientata verso l’attività distributiva e la prestazione di servizi di investimento a basso valore aggiunto per la clientela (quali il collocamento, la negoziazione e la raccolta ordini), dall’altro incentrata sulla definizione di politiche di offerta connotate da una forte ristrettezza dello spettro di prodotti e servizi di investimento, coincidenti normalmente con quelli emessi o “assemblati” all’interno del gruppo di appartenenza del collocatore/distributore.
Questo modello di business, improntato alla prevalenza di logiche di gruppo, ha rafforzato il ruolo della rete distributiva, anche con riferimento alla “costruzione” di prodotti che garantiscono schemi remunerativi sufficientemente incentivanti per i collocatori.

Fattori di contesto esterno
• Modelli di business degli intermediari fortemente orientati alla distribuzione
• Rilevante ruolo del retail nel finanziamento della raccolta diretta del sistema bancario
• Scarsa diffusione e basso valore aggiunto dei servizi di consulenza
• Crisi del risparmio gestito
• Debolezza del mercato immobiliare e approssimarsi delle scadenze dei fondi immobiliari
Impatto sugli investitori retail
• Scarsa diversificazione di portafoglio
• Elevata incidenza sulla ricchezza finanziaria di prodotti complessi e illiquidi
• Difficoltà di smobilizzo degli investimenti in fondi immobiliari.
Riproduzione riservata
Fonte: piano  strategico 2010-2012 Consob